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"Bisognerebbe includere nei costi degli alimenti i danni ambientali e alla salute". Il professor Gios su sostenibilità, coevoluzione e glifosati

Il professore di UniTn approfondisce i temi dei danni all'ambiente nella produzione e importazione degli alimenti e dei diserbanti. Informarsi costantemente resta la chiave, anche perché una soluzione definitiva non esiste: l'impatto si verifica oltre vent'anni dopo l'utilizzo

Di Cinzia Patruno - 24 febbraio 2018 - 15:58

TRENTO. "Il pomodoro cinese importato in Italia viene dieci centesimi al chilo. Quanto dovrebbe costare se tenessimo conto dei danni ambientali per la produzione e il trasporto? Dovremmo pagarlo cinquanta euro al chilo". Sono queste le parole del professor Geremia Gios che, nella conferenza dal titolo 'Commercio Internazionale, sostenibilità e utilizzo di sostanze chimiche in agricoltura', ha affrontato le problematiche relative all'importazione degli alimenti e alla sostenibilità di tale pratica. "Bisognerebbe includere nei costi degli alimenti i danni ambientali. Di certo, non è molto popolare". 

 

 

 

L'incontro è nato come approfondimento nell'ambito della kermesse 'Trova il mondo in Trentino', fino al 24 febbraio in via Manci al palazzo del Consiglio Provinciale (Qui articolo). Sono due le mostre fotografiche aperte al pubblico, una delle quali è dedicata interamente agli effetti dell'uso di colture geneticamente modificate e il conseguente impiego indiscriminato di diserbanti in Argentina. Inutile dire che l'impatto peggiore è sulle fasce più vulnerabili della popolazione, quali bambini e anziani.

Direttore del dipartimento di Economia e Management all'Università di Trento e ex sindaco del comune di Vallarsa, Gios è partito nel suo ragionamento dalle foto firmate Pablo Ernesto Piovano, che evidenziano i danni del glifosate in Argentina. "Queste foto rappresentano un mondo che è lontano da noi, ma non per questo noi siamo immuni a questi effetti. Prima o poi, noi o le generazioni che verranno subiremo le conseguenze". Conseguenze che si manifestano, come nel caso dell'amianto, una o addirittura due generazioni dopo.

 

Già, perché le insidie dei diserbanti non si manifestano nell'immediato, e ciò rende praticamente impossibile dare soluzioni. In quale modo dovrebbe comportarsi il consumatore? "Non siamo obbligati - scherza Gios - a mangiare pomodori cinesi". Chiaramente, se ognuno di noi coltivasse i pomodori nel proprio orticello le conseguenze sarebbero dannose sull'economia locale e nazionale. "Ognuno di noi dovrebbe cercare di aumentare le proprie conoscenze. Anzitutto informarsi, poi essere consapevoli del fatto che i pasti gratis non esistono (tutto ha un prezzo, ndr). Infine, convincersi che l'ambiente ha anche una valenza economica".

 

I danni ambientali causati dalla produzione di alimenti sono notevoli. "Il trenta per cento dell'effetto serra è causato dalla produzione alimentare , data soprattutto dagli allevamenti. Il contributo dell'agricoltura all'effetto serra è superiore a quello dei trasporti. L'aumento della produttività è legato all'aumento dell'impatto ambientale". Più si produce e più si inquina: di fatto, la produzione alimentare risulta una delle pratiche meno sostenibili.

 

"Nel caso del glifosate vengono presentate analisi che sono molto parziali. Servirebbero indagini che durino almeno venti o trent'anni, perché molte conseguenze si vedono molti anni dopo e è già tardi per intervenire". Ma una soluzione definitiva per affrontare il problema non esiste: sarebbero necessari studi e laboratori della durata di oltre vent'anni. Naturalmente, impossibili da finanziare.

 

"Ci vuole pazienza - continua Gios -. Il nostro è un sistema complesso e introdurre delle innovazioni porta aspetti positivi e negativi. C'è una coevoluzione tra uomo e ambiente, per la quale ci modifichiamo a vicenda". Non c'è una soluzione definitiva: il modo giusto di agire consiste nell'applicazione delle misure meno impattanti per l'ambiente. "Non esiste una soluzione miracolistica. Persiste la necessità di conseguire una consapevolezza generalizzata".

 

Una consapevolezza che dovrebbe portare alla riduzione del commercio internazionale, realizzando in parallelo un puntuale controllo sulla merce che importiamo. "Il controllo sui prodotti è abbastanza adeguato nei Paesi sviluppati ma molto scarso sui prodotti importati. La mancanza di controlli in campo agricolo è un dato importante perché si tratta di una produzione diffusa (a differenza di quella industriale, che è invece più circoscritta, ndr)". Una delle modalità più usate è quella di spostare le produzioni più inquinanti nei Paesi in cui ci sono meno controlli, che sono i Paesi in via di sviluppo o in cui la legislazione è meno forte".

 

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